Dal
punto
di vista dell’alimentazione, il patrimonio animale
domestico del
nostro territorio era costituito da bovini, suini e pollame.
Mediamente ogni famiglia possedeva ed allevava qualche
gallina, un
certo numero di oche e un maiale,
inoltre buoi e vacche, in base alle
diverse condizioni economiche.
Avevamo il cortile
pieno, erano in giro: oche, galline, anatre... e
quando pulivano la stalla […] il letame lo
mettevano in mezzo al
cortile! (Vittoria, 1917, Arluno)
Avevamo la stalla, poche bestie, per il
nostro consumo insomma: la
mucca, il vitello grasso da vendere e il
vitellino piccolo, quando
nasceva lo tenevano da allevare, veniva
grosso, la vacca ne faceva un
altro e via... maiale, tutti gli anni uno.
(Eugenia, 1926, S. Stefano
Ticino)
D'estate
[andavamo alla vigna] a tirare su l'erba
da dare da mangiare
agli animali e d'inverno gli davamo il
fieno e le pannocchie del
granoturco, frascasc […]
Mio papà [ai vitelli] gli dava tutto latte
e poi la linùsa, la farina
di semi di lino, il pànel; facevamo
cuocere con le zucche... allora in
mezzo al granoturco mettevamo giù tante
zucche, e le facevamo cuocere
d'inverno […] per disinfettare le
bestie, per spurgarle, facevamo
cuocere un paiolo con zucca, farina di
lino, un po' di granoturco, i
crostoni delle verze, un po' di tutto...
poi quando davamo da bere alle
bestie nel secchiello aggiungevamo un po'
di quel mangiare lì, allora
la mucca andava sotto con il naso e
[soffiava] e beveva anche quello.
I vitelli li ingrassavamo perché li
pagavano di più, erano più belli,
la carne di vitello era buona […] le
manzette quando avevano una certa
portata le vendevamo, invece quando era un
maschio, se lo tenevamo lì
diventava un torello e allora venivano
quelli che li castravano e
diventavano quieti... come i buoi, e poi
li vendevamo. (Rosa, 1932, S.
Stefano Ticino)
Partendo dal fulcro rappresentato dalla macellazione del
maiale
all’interno del ciclo dell'anno, possiamo comprendere, e
ciò è evidente
anche nelle testimonianze raccolte, la scarsa presenza di
proteine
animali nella quotidianità alimentare.
I bovini erano allevati non tanto perché la famiglia
consumasse la loro
carne, anzi, una volta ingrassati venivano venduti e
magari la carne
veniva invece acquistata dal cervelè, il macellaio; I
bovini
garantivano il latte
(che, nelle grandi cascine
veniva raccolto e
utilizzato per la produzione di formaggi e burro) e
fornivano un valido
aiuto all’uomo nei lavori agricoli.
Quando
mio papà mungeva la mucca, prima [il latte] lo
dava al vitello, prima
di darlo da mangiare a noi! (Eugenia, 1926, S.
Stefano Ticino)
Giù per settimana [si mangiava] minestra,
zuppa, il latte alla
mattina... e quando non ce l'avevamo
perché la mucca restava ferma due
mesi perché doveva partorire, allora quei
due due mesi lì andavamo a
prenderlo da un'altra persona, e si faceva
a cambio, quando non ce
l'aveva lei... andavamo a prenderlo con il
mès litar, una
caldarinéta... dopo era più acqua che
latte che mangiavamo, perché la
chiamavano acqua da bota... era color del
cielo, lo allungavamo, ne
portavamo a casa poco e lo allungavamo con
l'acqua.
(Rosa, 1932, S.
Stefano Ticino)
Nelle grandi proprietà invece, un allevamento intensivo
del bestiame
aveva avuto già a partire dal XVIII sec. un importante
effetto
collaterale: “il forte aumento della capacità produttiva
di tutte le
altre colture. Questo discendeva dall’ampia disponibilità
di buoi per
una buona e profonda aratura dei campi e soprattutto dalla
notevole
disponibilità del letame, grazie al quale cresceva anche
la produzione
dei cereali” [M.
Comincini (a cura di), La terra e l’uomo, Società
Storica Abbiatense, vol. 1, 1992, p. 105].
Detto ciò va da sé che le preparazioni a base di carne
bovina (un
discorso a parte vale per il maiale, cui è dedicato un
approfondimento)
fossero riservate ai giorni di festa e alla Domenica.
Anche al loro
interno possiamo operare delle distinzioni tra i piatti
più ricchi ed
apprezzati, come i bruscit
(carne trita) e la buseca
(trippa), e quelli
invece considerati più usali.
Tra questi ultimi il lesso, il cui brodo veniva utilizzato
per fare il risotto e
che spesso veniva mangiato insieme alle patate.
Le patate le
mangiavamo tanto, carne e patate... già cotta e
stracotta,
dimmi tu di cosa sapeva! La mia mamma faceva
sempre la carne con il
vino e le patate, sempre quella la storia...
(Eugenia, 1926, S. Stefano Ticino)
I bruscit,
carne trita, accompagnati alla polenta:
I bruscit sono carne
trita con la cipolla, tanta, ma deve esserci più
carne. Un soffritto, col vino nero, con tanta
cipolla. E poi con la
polenta. […] Andavamo a prenderli dal macellaio
che metteva dentro
tutti gli scarti che gli andavano per terra!
(Eugenia, 1926, S. Stefano
Ticino)
La büseca
invece si accompagnava ai fagioli:
La
büseca l'ho fatta tanto, era fatto con il
fogliolo, è la parte
migliore, deve essere dello stomaco. Prima era
più scura, infatti i
primi tempi che avevo l'osteria, facevamo la
trippa più scura, che non
era sbiancata dall'acido, era color corda.
Si mangia con tanta verdura, si fa il soffritto
e alla fine i fagioli
bianchi, i fasuroni, se c'erano, se no anche con
gli altri. Deve
bollire come una minestra, o di più, perché la
trippa più è cotta più è
buona. (Eugenia, 1926, S. Stefano Ticino)