- Ecco. Lo sapevo che non dovevamo neppure sfiorare la Patera. - si lamenta subito Marta dando un'occhiata intorno.
- Perché? - le domando ancora scombussolato dall'ennesimo spostamento spazio-temporale.
- Hai idea di dove siamo finiti? -
- Non proprio. -
-
Allora ragiona. Ti ricordi che ci hanno spiegato dove è stato ritrovato
il famoso coperchio dell'urna cineraria nel 1907? – mi domanda lei
- Nella villa del senatore Gajo mentre la costruivano. Quella della via Matteotti che porta verso la stazione ferroviaria. -
- Esatto. Quindi...? -
Non
faccio in tempo a completare il discorso che si sentono voci chiassose
e di protesta per la strada. Un uomo dall'aspetto importante e ricco fa
fermare la lussuosa carrozza su cui viaggia in compagnia di una
elegante signora. Ci appostiamo dietro ad alcuni grandi alberi che
crescono imponenti in quel luogo e sentiamo le sue parole di commento
- Ah ancora scioperi.. questo 1889 è un anno di continue agitazioni. -dice alla donna al suo fianco.
-
Già. Alcuni proprietari non hanno il minimo rispetto delle condizioni
di vita di questi lavoratori. È normale che contadini e operai si
uniscano in protesta. Non ce la fanno più a campare e vogliono più
salario e più diritti. - risponde lei.
- Quando riusciremo ad
ingrandire le nostre fabbriche e a fondarne altre le riunirò tutte
sotto il nome di Unione Manifatture e farò in modo che ci lavorerà avrà
una casa dignitosa e una vita come si deve. - risponde l'uomo con lo
sguardo verso l'orizzonte come se stia scrutando il futuro.
- Hai
sentito - bisbiglia Marta - dev'essere proprio lui: Felice Gajo. Era
una brava persona che ha fatto tanto per la sua città.
- Mio papà mi ha detto che era un fascista e i fascisti non sono stati proprio così bravi. - rispondo con aria interrogativa.
-
Già è vero. Ma allora tutti “per amore o per forza” dovevano essere
fascisti e tra loro c'erano anche quelli che credevano e lavoravano
davvero per fare crescere l'industria, l'agricoltura e la società
italiana.- mi risponde con un tono solenne.
- Caspita Marta, a
volte parli come un libro stampato e non è che ti capisca sempre bene.
L'unica cosa che adesso mi è chiara è che quando studierò quel periodo
della nostra storia dovrò stare bene attento a non fare confusione. -
mi rassegno al pensiero di una futura difficile lezione di storia.
-
Cara costruiremo proprio qui la nostra villa. Mi piace che sia
all'ingresso del paese. Qui accanto si vedono solo campi coltivati -
dice poi l'uomo in tono amorevole rivolgendosi alla signora.
- Certo e la voglio bella e importante. - risponde la signora
-
Fra qualche anno, quando la nostra attività di filatura avrà dato i
frutti che spero, avremo abbastanza risparmi e potremo iniziarne la
costruzione. - commenta lui ancora ottimista - per ora facciamo andare
nel migliore dei modi l'impresa che abbiamo già e incoraggiamo il più
possibile l'allevamento dei bachi e la coltura del gelso. Ma tu mi
preparerai anche delle buone marmellate di moroni neri, non è vero mia
cara Ida? -
- Certo tesoro. Ho una ricetta di una mia antenata, che
si usa nella nostra famiglia da quando si è diffusa la coltivazione di
quella pianta dalle nostre parti più di centocinquantanni fa. -
-
Credo proprio che troverete una bella sorpresina quando inizieranno gli
scavi, magari proprio sotto ai nostri piedi. Ma sarà così preziosa che
non vorrete cederla allo Stato Italiano tanto facilmente, vero? -
prosegue Marta, come se parlasse tra sé e sé.
Poi i due risalgono sulla carrozza e si allontanano. Io e Marta siamo indecisi su cosa fare ora.
- Urtiamo per sbaglio un gendarme: vai al paragrafo
25- Saliamo sul portapacchi posteriore della carrozza per farci un giro a scrocco: vai al paragrafo
27- Seguiamo il corteo degli scioperanti: vai al paragrafo
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