“Drrriiiinnn!” Sono le otto e mezza e suona la
campanella d'entrata. Termino di scambiare le mie monster card con
alcuni miei amici mentre si apre il cancello che dà sul cortile della
scuola. Oggi non ho molta voglia di entrare: c'è una verifica di storia
e non sono sicuro di avere studiato abbastanza.
E poi quella
materia non mi piace nemmeno un po'. Mentre salgo le scale dell'atrio
ripassando nella mente gli argomenti, mi si avvicina Marta. È la mia
migliore amica e mi capisce sempre al volo.
- Sei preoccupato, vero? - mi domanda.
- Un po'. - ammetto io con un sorrisetto nervoso, che lei ricambia con uno sguardo rassicurante.
Marta,
infatti, è molto brava a scuola e sono sicuro che, in caso di
necessità, mi farà dare una sbirciatina al suo foglio: tanto siamo
vicini di banco.
Arrivati in aula ci attende una grande sorpresa: c'è la supplente!
- Evvai! - mi dico e non sono l'unico a pensarla in quel modo - per stavolta è rimandata. -
La
classe sembra improvvisamente in festa, ma c'è anche qualcuno che si
lamenta “Peccato, avevo studiato così tanto!”. La maestra provvisoria
alza la voce per farci sedere e occorrono un bel po' di minacce di
punizioni, di note e di castighi per ristabilire l'ordine e il
silenzio. Poi lei tira fuori da una cartelletta un paio di schede e
chiede:
- Chi sono gli incaricati delle fotocopie? -
Io e Marta
ci alziamo di scatto: per quella settimana tocca a noi. È l'incarico
preferito da ogni alunno perché permette di farsi un giretto
supplementare fuori dalla classe in orario di lezione.
Afferriamo
i fogli e dopo serissima e falsa promessa all'insegnante di ritornare
nel più breve tempo possibile, usciamo dall'aula sotto gli sguardi
invidiosi dei nostri compagni.
- Ma dove vai? - mi chiede Marta vedendomi imboccare il corridoio sbagliato.
- Dai, passiamo di qua, così stiamo in giro un po' di più. - la incoraggio con aria furbetta.
Lei
accetta, anche se di solito è molto più rispettosa delle regole.
Infatti arrossisce per paura di essere scoperta da qualche bidello “di
guardia”.
- Da quando c'è questa macchina da scrivere? - mi ferma improvvisamente Marta a guardare l'oggetto del passato.
-
L'avranno rispolverata dai magazzini per metterla qui in mostra.
Cavolo! Un oggetto del passato mi fa venire in mente la verifica di
storia che per fortuna abbiamo saltato. Chissà se c'era già quando è
suonata per la prima volta la campanella alla Manzoni. -
- Perché tu
sai a quando risale il primo anno scolastico della nostra cara vecchia
scuola? - mi domanda Marta già intrigata dalla possibilità di svolgere
un'autentica indagine storica, materia che lei ama tanto.
- Ma
figurati se mi interessano queste cose! - le rispondo io senza tanti
complimenti - E' già tanto che questa vecchia carcassa di macchina
abbia attirato la mia attenzione. -
- Chissà se funziona ancora - si domanda lei osservando il foglio bianco già inserito nel rullo.
- Be' se vuoi in questo esperimento sono disposto a farti da aiutante. Così lo scopriamo subito! - prendo l'iniziativa io.
Marta
mi afferra un braccio con aria di rimprovero, ma non riesce ad
impedirmi di digitare una parola sulla vecchia tastiera meccanica:
“Parabiago”.
La mia scarsa pratica con l'oggetto però mi fa sbagliare e scrivo “Parablaco”.
- Sei il solito distratto! - commenta ironicamente lei.
A
quel punto però succede qualcosa d'incredibile. Le pareti, il soffitto,
il pavimento, tutto il corridoio e perfino l'orologio a parete che
segna le 8.55 iniziano a roteare vorticosamente intorno a noi. Noi due
ci stringiamo vicini spaventatissimi. Ma forse siamo proprio noi a
girare come nella centrifuga di una lavatrice, sprofondando in un
vortice sempre più buio e profondo. Proviamo ad urlare, ma la voce ci
si blocca in gola. Chiudiamo gli occhi per la paura. La sensazione
sembra non finire mai, finché ci sentiamo cadere a terra in piedi, come
dopo un salto dall'alto. Quando riapriamo gli occhi, il mondo intorno a
noi è cambiato.
Ci troviamo in un ambiente naturale.
- Ma che cosa hai combinato? Dove siamo? - mi rimprovera subito Marta.
La
guardo con un'espressione incredula e non so che cosa risponderle. Una
cosa è certa: bisogna darsi da fare per venire fuori da dove ci
troviamo ora. Siamo con i piedi a mollo in un acquitrino!
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