Il
Conte Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo, nato a Nerviano il 14
maggio 1896, appartenente ad un’antica famiglia nobile di Nerviano, ha
trascorso gran parte della sua vita all’estero, prima nelle sedi
consolari e diplomatiche del padre Carlo regio Ministro
Plenipotenziario, poi come ingegnere e architetto, espatriato per
insofferenza politica nel 1924 ed in quegli anni progettò e diresse la
costruzione dell’ambasciata italiana in Turchia ad Ankara.
Nonostante ciò ha obbedito ai ripetuti richiami alle armi; invalido di
guerra per ferite e cinque volte decorato al valor militare (Carso,
Libia, Etiopia, Alamein e, per aver taciuto sotto sevizie, Resistenza).
Il 20 ottobre 2002, in occasione della cerimonia commemorativa del 60°
anniversario della battaglia di El Alamein e del 10° anniversario dalla
morte, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli concede
la Medaglia d’Oro al Valore dell’Esercito alla Memoria.
Questi riconoscimenti sono il segno tangibile dell’eroico entusiasmo e della sua incrollabile fede verso la Patria.
Fra le tante imprese di guerra basti ricordare la battaglia di El
Alamein dove il 31° Battaglione Guastatori, comandato dal Caccia
Dominioni, fu l’unico reparto del X Corpo d’Armata che, per merito
della determinazione e del coraggio dei suoi ufficiali e soldati e
della perizia del suo Comandante, sia riuscito a sfuggire
all’accerchiamento mantenendo il suo assetto organico.
Così come non va dimenticato, proprio in occasione del 60° anniversario
della Liberazione, il prezioso contributo dato alla Resistenza: PCD
organizzò uno dei primi nuclei di ribelli nell’Altomilanese (il suo
nome di battaglia era Silva…), fu imprigionato due volte, seviziato.
Capo di Stato Maggiore delle Fiamme Verdi all’interno del Comando
Regionale Lombardo del Corpo Volontari per la Libertà, alla fine della
baraonda fu decorato con la Medaglia di Bronzo al V.M.
Ha molto lavorato anche come disegnatore e scrittore: il suo diario
“1915-19” pubblicato in occasione del cinquantenario della Grande
Guerra quasi vinse il Premio Bagutta.
Guadagnò invece strepitosamente il Premio Bancarella 1963 con il volume
“Alamein” la cui tiratura superò il mezzo milione di copie.
Oltre 500 tra disegni, schizzi, illustrazioni e tavole; oltre trecento
progetti architettonici realizzati; numerosi libri, articoli di stampa
e racconti costituiscono lo straordinario e prezioso patrimonio che ci
ha lasciato e dal quale si manifesta la poliedricità del suo ingegno.
Ma la sua maggior impresa, che gli valse la riconoscenza
internazionale, fu la rischiosa missione di raccolta delle salme di
ogni bandiera sui campi di battaglia del desertico libico-egiziano,
dove si isolò per oltre dieci anni dopo il 1948.
Il Conte Paolo Adeodato Maria Carlo Francesco Nicolò Ambrogio, XIV
Signore di Sillavengo attraversò in lungo e in largo il deserto
africano teatro dei terribili scontri del ‘42, raccogliendo 4814 salme
a 2465 delle quali è stato possibile dare un nome e ideando,
progettando e costruendo il Cimitero-Sacrario di El Alamein.
E in questa impresa, come nei giorni della battaglia, egli non ha mai abbandonato il suo cappello alpino!
I tedeschi lo definirono, per questa impresa, “der Sandgraf” il conte
della sabbia, altri “il Cavaliere del Deserto”, ed i beduini “El
Kaimakan el Abììt” il colonnello pazzo.
PCD si è spento a Roma, all’ospedale militare del Celio il 12 agosto
1992, riposa ora nella Cappella di famiglia presso il Cimitero di
Nerviano.
Tutti coloro che lo hanno avvicinato lo hanno percepito come un modello
e sentito la forza e il valore dell’insegnamento che emanavano come un
fluido da quella che è stata una figura unica ed indimenticabile, che
ha attraversato la storia del XX secolo impersonando con fervore e
senza risparmio il soldato, l’ingegnere, l’artista, lo scrittore,
l’umanista, il patriota e l’architetto.
Le opere da lui compiute in ogni campo rappresentano l’eredità indelebile che ha lasciato alle nuove generazioni.
E’ per questo che è stato detto di lui che “uomini così non muoiono
mai, sono indistruttibili ed eterni, nell’insegnamento che trasmettono
e nell’esempio che lasciano”.
Quindi il Colonnello Sillavengo, come dicono gli Alpini, non è scomparso: è solo “andato avanti”.
Sergio Parini