Marta ed io scendiamo dall'albero con
un'inaspettata agilità, dovuta sicuramente alla paura. Approfittando
dell'effetto sorpresa in quell'antica e superstiziosa popolazione ci
diamo alla fuga lasciando sbigottiti druido e cacciatori. Ma non appena
tocchiamo il suolo del cerchio sacro che lo sciamano celtico ha
tracciato intorno alla preda veniamo trasportati nello spazio tempo e
ci ritroviamo in un posto completamente diverso.
- Mi sembra che siamo in una chiesa. - intuisce subito la mia amica.
È
infatti una piccola costruzione di mattoni con alcune colonne a
delimitare un piccolo portico antistante. Sopra la nostra testa si
vedono grosse travi in legno che sostengono l'intelaiatura sulla quale
poggiano i coppi del tetto. Verso il fondo dell'edificio, al centro c'è
un altare con un prete che recita strane formule sacre.
.....
aeterne Deus, per Christum Dominum nostrum. Qui martiribus tuis pro tui
nominis amore certantibus, ... et pios fratres Protasium et Gervasium
aggregare dignatus es, ….
- Ma che lingua parla? - domando sottovoce a Marta.
- Dev'essere una messa in latino. La mia bisnonna mi ha detto che un tempo si faceva così. - mi racconta lei.
-
Quindi il contatto col suolo sacro, ci ha trasportato in un altro luogo
sacro di Parabiago, ma qui siamo sicuramente più avanti nel tempo. In
che anno saremo? -
Marta si guarda intorno e vede che la folla
radunata intorno all'altare indossa abiti che le ricordano le immagini
del medioevo, ma mi confessa che non saprebbe dire con esattezza l'anno
in cui si trovano.
- Una cosa è certa: se questa è l'antica pieve di Parabiago, come mi sembra proprio, siamo almeno dopo l'ottavo secolo d.C.. -
Proprio
in quel momento il sacerdote recita alcune parole che sia Matteo sia
Marta riconoscono: si tratta dei nomi in latino di San Gervaso e San
Protaso e di Sant'Ambrogio. Il prete pronunciandoli alza le mani
indicandone le immagini dipinte sulle pareti della chiesa. Guardandoci
intorno notiamo infatti in alcuni punti che i muri sono stati
intonacati e pitturati. Tra le figure dipinte c’è anche uno scheletro
con la falce in mano che miete uomini dall'aspetto ammalato e
supplicante.
- Che forza! - commento io col il mio gusto spiccato
verso le scene dell'orrore, mentre Marta fa una faccia abbastanza
disgustata.
- Guardi l'affresco della morte: vai al paragrafo
9- Attendiamo cosa succede: vai al paragrafo
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