Nonostante il ribrezzo provato da Marta, la
folla ci spinge fino all'immagine della morte con la falce in mano e
inavvertitamente sfioro la parete sulla quale essa è ritratta.
Non l'avessi mai fatto!
Sembra
di essere capitati all'inferno. Un carretto trasporta dei morti o gente
così malridotta che a malapena riesce a lamentarsi delle proprie
vistose ferite livide, sanguinanti e piene di pus.
Siamo ancora in città ma è quasi deserta.
-
Svelt, va subit al lazaret.2
- dice un uomo. È vestito di nero con una lunga
tonaca. Probabilmente è il parroco che sta segnando su un grosso libro
il nome della gente che viene portata via in quel malo modo verso la
zona di cura e di isolamento.
- Oh che sfortuna. Siamo capitati proprio nel pieno di un'epidemia di peste. - capisce subito Marta.
-
Quindi siamo nel? - voglio sapere, sperando a questo punto di essere
più vicino possibile al nostro tempo, nell'illusione e la speranza di
poterci tornare al più presto.
- Di epidemie cene sono state tante. Le più terribili si ricordano nei documenti per tutto il 1500 e 1600. -
-
Fieoi ... andè via da lì. Andè a ca' vostra.3
- ci ordina il prete, preoccupandosi della nostra salvezza.
Troppo
tardi! Passando infatti vicino al carro, urtiamo entrambi il braccio
penzolante di un appestato e siamo mortalmente contagiati.
-La missione è fallita: vai al paragrafo
1
2 Svelto, vai subito al lazzaretto
3 Bambini...andate via da lì. Andate a casa vostra.