Mentre rimango immobile annusando l'odore
del rametto che brucia molto lentamente, mi sento improvvisamente
trasportato altrove. Faccio appena in tempo a prendere Marta per la
mano, che subito mi ritrovo in un luogo completamente diverso. È una
specie di città o qualcosa che le assomiglia molto.
Alcune piccole
case di pietre e mattoni si affacciano su entrambi i lati della strada.
In una un fabbro sta percuotendo con un pesante maglio il ferro di una
spada, sopra una grossa incudine piuttosto rudimentale. Il rumore dei
suoi colpi risuona per tutta la via. Più in là grossi sbuffi di vapore
fuoriescono dalla bottega di un uomo e una donna, affaccendati a
rimescolare stoffe a mollo nell'acqua bollente e colorata di un enorme
paiolo di rame. Un vasaio fa invece girare il tornio a pedale seduto
sulla soglia della sua abitazione, circondato da anfore e vasi di ogni
foggia e dimensione e statuette di strane divinità esposte in vendita
su ripiani di legno.
L'odore dell'olio e delle spezie provenienti
da una ben fornita bancarella lì vicino si mescola con la polvere della
strada in terra battuta.
- Credo che siamo finiti al tempo degli
antichi romani. - mi sussurra Marta cercando di non dare troppo
nell'occhio e tirandomi in disparte dietro le colonne di un piccolo
tempio a bordo della via.
- Ma che cosa c'entra con Parabiago? - domando incredulo – E poi in quale epoca romana ci troviamo? -
-
Guarda quelle guardie che avanzano - mi indica lei ad una certa
distanza da noi - portano l'effige dell'aquila imperiale sulla corazza.
Siamo sicuramente al tempo in cui già regnavano gli imperatori. -
-
E perché il fumo ci avrebbe trasportati fin qua? Che legame c'è?
-domando cercando una spiegazione a quell'avventura impossibile.
- Non te lo so dire ancora, ma lo scopriremo presto. - mi rassicura la mia esperta amica.
Facciamo
appena in tempo a chiudere la conversazione, che i legionari di
pattuglia si fermano e iniziano a fissarci in modo torvo. Forse i
nostri abiti, così inadeguati a quella situazione storica, hanno
attirato la loro attenzione.
Ecce Graeca mancipia, hodie mane e manibus Etruscorum
venaliciorum fugita, quae in urbis foro vendibant 1
–
dice uno di quelli. Io e Marta ci guardiamo sbalorditi. Non capiamo la
loro lingua, sebbene sappiamo che sia l'antenata della nostra, ma
capiamo che le loro intenzioni sono tutt'altro che pacifiche,
soprattutto quando si mettono a correre verso di noi con le lance
puntate.
Senza pensarci due volte ce la diamo a gambe e ci
intrufoliamo tra stretti passaggi, vicoli e piccoli giardini circondati
da colonnine. Alla fine ci nascondiamo proprio in uno di questi ultimi
e vediamo con sollievo i soldati sfrecciare di fianco a noi senza
accorgersi del nostro nascondiglio.
- Fiuuuu. C'è mancato poco che finisse male. - commento ansante.
-
Sei il solito pessimista! - mi prende in giro lei. Poi ci accorgiamo
che qualcosa di solenne si sta svolgendo intorno ad una specie di
altare al centro di quel posto così tranquillo: su una specie di altare
di marmo alcune braci emanano ancora fumo, dai resti di ciò che sembra
essere stato un uomo. Ci troviamo nel bel mezzo di un antico funerale.
Mescolandoci alla piccola folla che recita canti lamentosi e ritmati,
accompagnati da cembali, ci avviciniamo senza farci notare.
- E'
il fumo sacro del druido che ha fatto da passaggio spazio-temporale
verso questo altro fumo rituale. - bisbiglio comprendendo finalmente
cosa è successo.
- Guarda! - si illumina all'improvviso Marta -
Stanno depositando le ceneri del defunto in quell'urna.... ma io la
riconosco: è la nostra patera! -
- La papera? Ma da quando io e te abbiamo una fattoria? - mi sorprendo non avendo ben capito ciò che ha detto lei.
- Ma no. La patera. Il coperchio d'argento dell'urna cineraria rinvenuta nel secolo scorso nella nostra città.
La
fissiamo entrambi con ammirazione, godendo il privilegio di vedere dal
vivo quel reperto, ispirato ai culti religiosi pagani del tempo.
- Ci avviciniamo cercando di toccare l'oggetto per la forte attrazione che esercita su di noi...? vai al paragrafo
14 - Ci facciamo incantare dalle immagini delle divinità celesti raffigurate sul piatto d'argento? vai al paragrafo
13
1 Ecco gli schiavi greci fuggiti stamattina
ai mercanti etruschi che li vendevano nel foro cittadino.