Madonna
di Dio 'l Sa (XVI sec.)
Il
Santuario della Madonna di Dio il Sà è
un edificio religioso di Parabiago.
lI
nome di
questa chiesa non é ben chiaro da dove derivi realmente: vi è una dibattuta
questione, non ancora
risolta,
tra il nome "Madonna di Dio ‘l Sa" o "Madonna di
Olzate". Nel primo caso -Dio ul sa- in dialetto
significa "lo sa Iddio che Madonna può essere" quella che sta
ai
piedi della croce nel quattrocentesco affresco che ornava la
cappellina. Italianizzato diventa -Olzate-, ma
"olza" anticamente corrispondeva a "porzione di terra
arativa cinta da ogni parte da fossati e siepi alberate", quindi i
monaci erano nel giusto quando la chiamarono Madonna
dell'Olza,
protettrice
della campagna, vista la posizione della chiesetta ai limiti
delle olze.
Stando alle affermazioni del Parroco
parabiaghese Don Giovanni Battista Santini, registrate in un documento
del 1742, ogni altro nome differente da “Dio il Sà’’
non é altro che una storpiatura, compresi i più accreditati -
di Olsà e - di Olzate -;
L’attuale
chiesa sorge sui ruderi di una cappella campestre di cui si conserva
ancora un affresco antecedente al '500 sulla
mensa dell'altare maggiore, racchiuso in una teca di vetro, che
rappresenta la Vergine con Cristo in Gloria. La
tradizione assegna l’iniziativa della costruzione della chiesa ai
monaci di S.
Ambrogio ad Nemus che reggevano, sino al ‘600, la chiesa e il convento
di S. Ambrogio
della Vittoria. I terreni su cui sorge la
chiesa e quelli intorno, erano situati ai confini dei
vasti possedimenti dei monaci; pertanto la chiesa doveva essere meta
delle
passeggiate ricreative e meditative dei frati.
Le sue
linee architettoniche e il portico, fanno pensare che sia frutto del
lavoro di
un allievo del Bramante (il più grande architetto dell’epoca, che ha
lavorato
tra 400 e 500 a Milano a Bergamo e Roma per la basilica di S. Pietro),
forse lo
stesso frate umiliato legnanese Giacomo Lampugnano che curò
l’esecuzione della
Chiesa di S. Magno a Legnano. È pur vero che Bramante era grande amico
dei
frati milanesi dell’ordine di S. Ambrogio ad Nemus, confratelli del
Convento di
Parabiago.
L’origine
della chiesa dovrebbe essere fatta risalire almeno alla prima metà del
XVI
sec., anche se su un pilastro c’è scolpita la data del 1626, forse anno
di un
restauro.
All'interno
si possono osservare le caratteristiche dell'architettura del '500. Le
statue presenti sono successive all'anno 1672 e raffigurano
due
apostoli S. Giacomo, S. Filippo e
due personalità legate alla chiesa di Milano, il Patrono Sant'Ambrogio
e S.
Carlo. Proprio S. Carlo che ha messo ordine alla chiesa ambrosiana e
nel 1581
ha fatto “pulizia” dell’antica processione che tutti gli anni in
occasione
dell’anniversario della Battaglia di Parabiago portava i
milanesi alla chiesa
di S. Ambrogio di Parabiago. Il Santo ha anche soppresso la preghiera
che
veniva fatta nel corso della messa dell’anniversario della battaglia e
che
ricordava l’apparizione di S. Ambrogio a favore dei milanesi comandati
da
Luchino Visconti.
Un allievo di Bernardo Luini, é invece il
fautore del polittico sopra l'altare, rappresentante al centro la
Vergine con il Bambino, in alto i Santi Cosma e Damiano due gemelli
medici martiri del
IV Secolo che hanno in mano
strumenti chirurgici, a destra forse sant'Ambrogio, Santa Caterina, a
sinistra
un vescovo ed un soldato.
Le
balaustre in marmo furono offerte, nel 1676,
dal feudatario di Parabiago, Camillo Castelli, come ricordato da due
iscrizioni.
Due
lapidi ai lati accennano a sepolture: a sinistra Carlo Nebuloni
geometra
pubblico di Villastanza nel 1677; a destra il giovane nobile
Luigi Maggi,
proprietario della Villa Maggi Corvini nel 1716.
L'esterno
a mattoni incompiuto con bel portico adornato da due statue in gesso
del 1672
di S. Antonio e S. Cristoforo.
Il piccolo campanile fu ricostruito
nel 1913. A fianco della chiesa sorge la casa, un tempo del custode e
il
cimitero detto “lazzaretto” probabilmente in
ricordo della peste di San Carlo durante la quale assunse tale
funzione; ancora oggi tra le sterpaglie interne sono visibili alcune
lapidi.
L’ubicazione della chiesa, lontana dalle
abitazione, forse favorì l’uso come lazzaretto e non è improbabile che
si
cominciasse già dall’epidemia dei tempi di S. Carlo.
Con
decreto 4 giugno 1914, la Direzione Generale per la Conservazione dei
Monumenti, dichiara il Santuario con il lazzaretto Monumento Nazionale,
ma subito dopo (1915), a causa della prima guerra mondiale, si pensò di
adibire il piccolo complesso monumentale ancora a lazzaretto per le
cure dei feriti o delle epidemie, pericolo scongiurato dallo stesso
ente che l'anno prima gli diede l'importante riconoscimento.