Ecomuseo del Paesaggio

 Mappa interattiva della Comunità di Parabiago

Per approfondimenti

pagine correlate:

- Visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta

-
La Pisìna, la Fopa del Patìna - I Firunatt, venditori dei filoni di castagne a Villlastanza del sec.XX

e-book:

- Augusto Boldorini. Piccola Venezia (3,5 Mb)



Tutti i testi di questa pagina sono disponibili nel rispetto dei termini della GNU Free Documentation License.
Mappa: (C) 2007 Patrizio Croci

Villastanza

Villastanza (Vilastänsa in dialetto insubre) é una frazione del comune di Parabiago in provincia di Milano.
Secondo alcune ricerche toponomastiche, l'origine dell'attuale nome della frazione avrebbe due ipotesi: nella prima, si fa risalire al periodo longobardo, dal femminile di Costantinus, probabilmente il comandante di un presidio militare, che darebbe al luogo la prima denominazione in Villa Costantiae o Villa Costantia; nella seconda, si rintraccia in Istantii o Istantia, un cognome medievale diffuso in Lombardia, originario di Voghera (dal quale deriverebbero anche i cognomi Stanza e Stanca), che chiamerebbe il borgo Villa Istantia e poi Villa Stantia.

Non vi sono notizie rilevanti sulla frazione prima del XV secolo.

Agli inizi del '600 Villastanza ottenne una sorta di autonomia amministrativa, mantenuta successivamente anche sotto la dominazione asburgica. Nel frattempo un decreto del Cardinale Federico Borromeo datato 21 maggio 1625, erige la Cassina (come veniva chiamata allora) a Parrocchia autonoma; comprendeva anche la vicina Tiracoda (attuale Villapia), per un totale di 400 anime; intanto dieci anni prima iniziò la costruzione per la nuova Chiesa "Della Visitazione di Maria a Santa Elisabetta."

Nel 1906 il borgo comprendeva circa 1700 abitanti, allora i villastanzesi firmarono una petizione per chiedere il distaccamento da Parabiago e la successiva creazione del nuovo Comune di Villastanza; le motivazioni degli autonimisti erano la separazione netta dal capolugo comunale tramite il canale Villoresi, la distanza dallo stesso di 2,20 chilometri, la presenza di alcune industrie, una Parrocchia, un ufficio postale e la denuncia di entrate economiche sufficienti alle spese di un municipio a sè stante.

Messa ai voti in Consiglio Comunale ed approvata all'unanimità, tale richiesta venne respinta a Roma dalle posizioni centraliste di Giovanni Giolitti, tenendo anche conto che all'inizio del XIX secolo vennero presentati progetti di aggregazione comunale tra Parabiago e Canegrate e tra Vanzago e Pogliano.

(tratto da Wikipedia)

I CIRCOLI E II LUOGHI DI NASCITA

Villastanza doveva avere una "sete" particolare se riusciva a sostenere l’esercizio di ben 11 fra circoli ed osterie. Vediamole:
  • Circuloon (Circolo Vittorio Emanuele)
  • Circulin (Circolo Regina Elena) – con bocce
  • Bandera (Fiaschetteria)
  • Picinetta (Rossetti) – con gioco bocce
  • Bera (Bertesaghi) – con gioco bocce
  • Giuan Bugeta
  • al Dumenick
  • al Capeli (Capello)
  • al Fitaulin (Croci)
  • al Circuì – Villapia (allora Tiracua)
  • al Ghidô – Villapia
Quindi ben 11 punti vendita per una popolazione di 1200/1500 persone. Non esisteva il pericolo di morire assetati. C’era però il pericolo di rimanere “ammaccati”. Sì, perché al lunedì – giorno sacro per le libagioni – molti finivano con la testa sui ciottoli o la faccia contro i muri. Ad una certa ora, le mogli o i famigliari, dovevano fare il giro delle “chiese” e prelevare il marito o il fratello.

Le sfide alla mura, la morra, facevano salire la tensione a livelli d’allarme per le coronarie (ma a quei tempi non si sapeva che esistessero). Della capacità di sopportazione alcolica ne parleremo più avanti.
Il Bera aveva un bel cortile ombreggiato e spazioso (c’è tuttora). Periodicamente veniva messo a disposizione di saltimbanchi, teatranti e circhi. In una di queste soste al teatro della famiglia Rame, si dice, nacque la Franca che tutti conosciamo per le sue attività artistiche e per essere la moglie del Premio Nobel Dario Fo. Sempre al Bera, finita la guerra si costruì una pista da ballo, moltissimi i giovani che la frequentavano. Era esplosa la frenesia per il ballo americano, il boogie-woogie e per le melodie italiane, per tanto tempo repressi dagli eventi bellici. Ad allietare queste serate vennero pure artisti affermati: ricordo Zuccheri e la sua chitarra, Sangiorgi al pianoforte e l’indimenticabile strappacuore Natalino Otto al microfono. Quanti cari ricordi: alla domenica sera, era impossibile passare per via San Sebastiano. Al sabato, invece tutti in piazza a sentire i comizi del signor Zadra socialdemocratico, elegante oratore: si proponeva di diventare Sindaco di Parabiago e ci riuscì.

Ma torniamo a parlare dei circoli. L’iscrizione con la quale si diventava socio, era ereditaria e consentita solo a chi prendeva il posto di un congiunto già socio. Periodicamente veniva indetta l’assemblea per eleggere il Consiglio e il presidente. Nonostante quelli del Consiglio in carica dichiarassero sempre di non vedere il momento di passare le consegne, andava a finire che riuscivano quasi sempre a farsi rieleggere. Aveva ragione Andreotti: “Il potere logora chi non ce l’ha”.

Punto di vanto per il Consiglio era la quantità di vino regalata ai soci in occasione di certe feste e la vendita del vino a prezzi ribassati alla domenica, anche ai non soci, previa richiesta di uno scontrino. All’interno della struttura societaria, per un po’ di tempo si era costituita pure la “Società della Tazza”. Quali erano i fini non ricordo, so che appese ad una parete ogni iscritto aveva la “sua tazza” e se ne serviva per farsi spillare il vino. Cosa importante da rimarcare è che il vino veniva conservato in grosse botti nelle cantine e il cantiniere era il custode delle chiavi che poteva negare perfino al Presidente. Anche allora si sapeva del miracolo delle Nozze di Cana.


                               (tratto da Augusto Boldorini. Piccola Venezia)