Approfondimento

La vite ieri e oggi

Un po’ di storia…

Agli inizi dell’età imperiale la viticoltura era molto estesa e la conseguente riduzione di altre coltivazioni (quale quella dei cereali), indusse Domiziano a vietare la creazione di nuovi vigneti e ad imporre di espiantare metà delle vigne esistenti nelle provinciae romane. A testimonianza della diffusione della viticoltura ad ovest di Milano in epoca romana, è il ritrovamento di un torchio romano a Corbetta. Il legionario romano, durante le conquiste, aveva la consegna di impiantare vigneti e di insegnare alle popolazioni indigene la tecnica della vitienologia. Così, la coltivazione della vite si diffuse ben presto in tutti i territori conquistati da Roma: in Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e nord Africa. Nella Pianura Padana, con la dissoluzione dell’Impero Romano, fu abbandonata la coltivazione della vite nelle zone pianeggianti e di fondovalle, mentre vennero mantenuti i vigneti delle zone collinari e montane sia all’interno dei borghi fortificati sia all’esterno, in siti ben collocati climaticamente e ben esposti ai raggi solari. Con il XII secolo, in pianura si riprese la coltivazione delle viti in coltura promiscua con i cereali secondo l’uso dell’arbustum gallicum; dal XV secolo gli alberi, ai quali erano maritate le viti, furono sostituiti con il gelso, considerato più redditizio per l’allevamento del baco da seta. In seguito l’importanza della vite crebbe e raggiunse il suo apice nei secoli XVIII e XIX, quando gran parte dell’Alto Milanese era coltivato a cereali e vite. Con la seconda metà del XIX secolo, iniziò il declino della vite in pianura e nei nostri territori a causa di malattie devastanti. Oggi la sua coltivazione è limitata ai giardini urbani e a qualche filare in campo aperto, presso la frazione di Ravello di Parabiago.


…Oggi
La vite oggi non solo è impiegata per la produzione di vino (anche se questo è l’utilizzo principale): l’uva prodotta può essere destinata al consumofresco oppure può essere impiegata per ottenere succhi limpidi, sciroppati al naturale da aggiungere alle macedonie, prodotti conservati in alcool e uva secca. Le foglie in decotto vengono usate come astringenti, mentre quelle fresche per uso esterno sono curative delle malattie cutanee. I frutti – raccolti quasi a maturazione – hanno proprietà rinfrescante, disintossicante, diuretica, depurativa del sangue, idratante e vitaminica.

Il doppio filare di viti

Nel parco di via Virgilio a Parabiago, dove si snoda l’itinerario virgiliano, nel corso del 2007 verranno posti a dimora alcuni filari di vite, maritati all’orniello. La distanza fra gli alberi e fra i filari è quella del cosiddetto arbustum gallicum, in uso nella Pianura Padana nel periodo dell’antica Roma e ben descritto da Columella nel suo trattato di agricoltura De re rustica del primo secolo d.C. L’orientamento dei filari inoltre, ricalca quello delle divisioni agrarie probabilmente compiute in epoca imperiale, le cui tracce sono ancora oggi rilevabili nella cartografia della zona.

Guarda le foto del 13/07/2018

La Popilia japonica
Si sapeva che l'insetto Popilia japonica era già arrivato a Parabiago, ma non si immaginava che tra tutti i luoghi arrivasse ad alimentarsi e a riprodursi proprio sul vigneto dell’itinerario virgiliano.
L’uva stava crescendo bene e per la prima volta si può comprendere dal vivo il detto “A Milàn i murùni fan l’uga” essendo le viti maritate agli alberi come si usava già ai tempi delle popolazioni galliche che abitavano la nostra zona duemila anni fa. Così sembra che l’albero (ornielli nello specifico) fanno l’uva. Nel tempo gli ornielli e gli aceri usati dai galli sono stati sostituiti da alberi da frutto e dal XVI secolo dai gelsi (chiamati in lingua locale murùni).
Ora ad interessare ulteriormente il percorso c'è popilia presente in numero considerevole e c’è il rischio che in futuro le larve rovinino i prati circostanti.
Si ricorda che in casi come questi è necessario informare ERSAF all’indirizzo popillia@ersaf.lombardia.it
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