Benché,
come
si è detto, polli e galline
fossero presenti praticamente in ogni
cortile, le uova rappresentavano comunque un cibo
nutriente e non
scontato: non a caso diverse testimonianze ci dicono dei
furti di cui
esse erano oggetto, da parte dei bambini della famiglia o
di estranei.
Io
e mio cugino […] abbiamo rubato tante di quelle
uova! Non c'era
tutto quello che c'è adesso, frutta, eccetera...
magari [le galline] le
facevano in giro, e allora noi li rubavamo
[…] e uno faceva la guardia a vedere se arrivava
la mamma, o la
zia, le nascondevamo e poi andavamo dalla Bice [la
fruttivendola], a
farci dare le spagnolette in cambio! Chissà cosa
ha guadagnato! E noi
che non potevamo parlare perché le avevamo rubate
in casa... (Vittoria,
1917, Arluno)
Diverse sono le preparazioni e i piatti a base di uova: le
più semplici
prevedono l'utilizzo delle sole uova fritte con poco
condimento (burro
o strutto) che prendono il nome di öf
in cirighin, oppure bollite
nell'acqua e sode, öf
indurì, che possono essere poi aggiunte
all'insalata, insalata
e ciapp.
Inoltre le uova sono utilizzate per preparare frittate
(furtavìn)
arricchite con diversi ingredienti, in passato erano molto
comuni
quelle con le erbe selvatiche.
Facevamo
con le uova la frittata, con l'insalata che
andavamo a
prendere [nei prati], la verzöra... (Rosa, 1932,
S. Stefano Ticino)
Il furtavìn: le patate le pelavamo, poi le
grattavamo e le mettevamo in
un padellino con un pochino di lardo, si
usava... e l'uovo. E veniva
come una mica di pane adesso! (Vittoria, 1917,
Arluno)
Più rare erano invece le preparazioni dolci a base di
uova, come la rüsümada
(il cui nome deriva dal tuorlo, il rosso, dell'uovo) e lo
zabaione,
alle quali si aggiungeva un goccio di liquore o di vino
e
che, per il loro alto valore energetico e ricostituente,
venivano
riservate ai malati o ai bambini di costituzione gracile.
La rüsümà […]
mettevo dentro prima il bianco e stavo lì a
[montarlo] lo
facevo venire bello alto poi mettevo il giallo,
montavo ancora e un po'
di zucchero se c'era... ma se no [senza].
(Vittoria, 1917, Arluno)
Mia mamma mi sbatteva l'ovetto... ma non
c'era zucchero, allora ne compravano un
pochino: due etti di zucchero!
Mi ricordo che mia mamma andava fino alla
Vaiana [cascina fuori dall'abitato di S.
Stefano Ticino] […] a prendere un uovo
per la sua Genia... quando arrivava a casa
c'era là mio fratello, e mi
toccava darlo a lui! Perché piangeva
sempre... non ne portava a casa
due perché costava troppo, o che facevamo
metà... in quel momento lì
non avevamo galline. (Eugenia, 1926, S.
Stefano Ticino)