Il Canale
Villoresi è un canale
d'irrigazione progettato alla fine del XIX secolo dall'ingegnere
lombardo Eugenio Villoresi.
Preleva l'acqua dal fiume Ticino, dalla diga del Pan Perduto
in località Maddalena, frazione di Somma Lombardo e ha termine nel
fiume
Adda dopo un percorso lungo 86 km che lo qualifica come il
canale artificiale più lungo d'Italia.
I lavori di realizzazione
cominciarono nel 1877 e vennero completati nel 1890. Nonostante
l'irrigazione fosse lo scopo principale dell'opera, la costruzione di
alcune conche di navigazione lo rese parzialmente accessibile a barconi
per il trasporto della sabbia.
Il canale attraverso svariate bocche e rami secondari, estesi per circa
130 km, fornisce acqua ai campi agricoli e, tramite ulteriori
diramazioni, bagna ben 1400 km.
Negli
ultimi anni, è stato parzialmente realizzato un progetto di fruizione
del canale che prevede una pista ciclopedonale di collegamento tra
Ticino e Adda. Attualmente esistono solamente in alcuni tratti, come
tra Arconate e Garbagnate Milanese. La pista ciclabile, quando sarà
ultimata, rappresenterà uno dei percorsi portanti del'intero sistema
ciclopedonale della Provincia di Milano.
Il Villoresi era
per Villastanza - e lo è ancora in parte - quello che il Nilo è per
l’Egitto. Naturalmente è
un paradosso; ma se osserviamo la cartina topografica allegata, vediamo
che
Villastanza è quasi abbracciata dal canale e dai suoi secondari.
Intanto ci si
rende conto che è costellata da una cerchia di 16 ponti: una piccola
Venezia!
Vediamo
di
incontrarli seguendo il flusso della corrente. Per primo, quello detto
della Maria
Bela, ci passa sopra la strada per Casorezzo da via Vela. Più
avanti il
ponte nuovo delle Scuole Medie di via Borromini; proseguendo si
incontra il
Ponte di Viale Lombardia e più avanti quello della ferrovia.
Questo
tratto di
canale era da noi chiamato Canal Gross
e durante la stagione
dei bagni era affrontato dai più esperti perché notevoli erano le
difficoltà;
prima fra tutte l’altezza dell’acqua, poi la mancanza di approdi per
risalire
la sponda.
Nel
mezzo di
questo tratto di canale, si trova la sede operativa del Consorzio
Villoresi;
quella principale si trova a Magenta. Nei pressi esisteva una piccola
chiusa,
denominata vaschetta, paradiso per
i
più piccoli. Appena oltre c’è la presa del Canale Secondario,
attraversato dal
ponte del Cristiani, nome della famiglia che abitava la sede del
Consorzio. Più
avanti il Pont Rott, così chiamato
perché non aveva le spallette
protettive (è quello attraversato ora dal viale Lombardia) e poi il Pont
da Legn, formato da una intelaiatura in ferro con il fondo di
traversine di legno. Questi due ponti portavano al passaggio a livello
della
ferrovia – via Sansovino e quindi a Parabiago - .
Proseguendo
la
rete di canali, si incontrano le Vasche della
Mecaniga o Unione
Manifatture. L’acqua che vi entrava doveva seguire determinati percorsi
con
chiuse e paratie che regolavano la portata di alimentazione per la
turbina
idraulica che trasmetteva potenza alle linee di pulegge azionanti i
telai della
manifattura. L’acqua di queste vasche sfociava in una spettacolare
cascata di
circa 3 metri dalla quale taluni temerari si lasciavano trasportare.
Inizia
qui il
tratto di canale cosiddetto del Casel
e relativo Ponte
del Casel sulla strada che attraversando la ferrovia portava
a
Nerviano.
Più
oltre il
canale si divideva: un ramo proseguiva per Pogliano, l’altro per
Arluno.
Seguendo questo tratto si incontra il nuovo ponte superato dal
proseguimento di
viale Lombardia per Vanzago, poi quello del
Ronco, quello del Bascin,
quello per la Poglianascae
quello della Vaschetta, chiamato
così perché di
fianco c’era appunto una vaschetta, meta di pic-nic e bagni per le
famiglie nei
giorni di festa.
D’estate
i vari canali
richiamavano molti bagnanti. Arrivavano in bicicletta dai paesi vicini,
perfino
da Legnano. Era tanta l’affluenza che si resero necessarie ordinanze
comunali
che vietavano la sosta presso i ponti e le strade. Bisogna tener
presente che a
quei tempi non si andava al mare in vacanza e il solo mezzo di
trasporto era la
bicicletta. Tornando
alla funzione principale per la quale il Villoresi fu costruito –
quella di irrigare – occorre dire che tutta la sua acqua doveva essere
guidata,
misurata e distribuita, 24 ore su 24. A dirigere l’attività era
preposto il
Sig. Cristiani, che abitava nella sede del Consorzio con due sorelle,
una delle
quali insegnava alle elementari. Collaboravano con lui il Sig. Galli (Gian
Ciocia)
e i vari campieri, più gli operai per le manutenzioni. L’acqua si
pagava a tempo: un tot per ora. Dopo
l’uscita dai canali l’acqua veniva guidata alle rogge e, con l’ausilio
di
incastri in legno, convogliata nei vari poderi dove ad attenderla stava
il
contadino con la lamera pronta ad essere usata.
La lamera
consisteva in una specie di ghigliottina in ferro, manovrata con forza
con ambo
le braccia; la si piantava nei solchi sul terreno per obbligare l’acqua
ad
espandersi su tutta la superficie. Pensate un po’ a un povero Cristo,
con i cuturni (stivali),
solo, di notte, al bivio, in mezzo al campo o lungo i sentieri
ricoperti di robinie. Era la vita del contadino, per il quale non
esistevano
orari e giorni festivi. Altro
uso che si faceva dell’acqua del Villoresi, era quello di lavare la
biancheria. Lungo le rogge, le beole che guidavano gli incastri
servivano
egregiamente per insaponare, torcere, sciacquare e stendere i panni. E
per le
donne era un’occasione per una lunga chiacchierata al termine della
quale il
bucato era asciutto. L’acqua del Villoresi serviva pure per dissetarsi.
In
estate si riempivano fiaschi e damigiane, si aggiungeva della genziana
per
darle un sapore amarognolo ed ecco un ottimo dissetante. D’altronde si
è sempre
bevuta acqua prelevata dai pozzi, o presa dalle pompe a leva. L’acquedotto
comunale fu costruito verso il 1930. Possiamo ancora ricordare che
il canale era percorso da barconi che facevano la spola con il Ticino,
trasportando prevalentemente sabbia. Queste barche furono ritenute
materiale
bellico durante la guerra, tanto che aerei inglesi si abbassavano a
mitragliarle. Non dimentichiamo che, dopo tante utilità, il Villoresi
fu anche
causa di disgrazie.