Scendiamo velocemente le scale senza neppure fermarci un momento a guardare dentro il collegio.
-Ne
ho già abbastanza della mia scuola, non ho nessuna voglia di visitarne
un'altra, neppure se antica. -confesso alla mia compagna
d'avventura.
-Allora
visitiamo la chiesa di Sant'Ambrogio della Vittoria. Adesso è così
trascurata che mi piacerebbe vedere com'era al tempo in cui i monaci
Cistercensi vi risiedevano. -mi propone.
Dopo un breve percorso
tra viuzze chiuse fra modeste casupole affacciate e strette intorno ala
piazza principale, arriviamo al portico antistante l'entrata. Mi
appoggio un momento ad uno dei pilastri squadrati e quello funziona
all'istante da ponte spazio-temporale.
Nel bel mezzo del vortice al quale oramai sia io sia Marta siamo abituati riesco appena a domandare a lei:
-Chissà dove ci porterà?
Ma
non appena riapriamo gli occhi rimaniamo stupiti: ci troviamo
esattamente nello stesso posto da cui siamo partiti, solo che è pieno
giorno e dall'interno provengono cori di salmi sacri.
-Forse il meccanismo si è scaricato, ha fatto cilecca. - ipotizzo io.
-Ma
va'. Non vedi che l'edificio è molto più nuovo. Anzi guarda le
impalcature davanti alla chiesa: non è ancora stata terminata. Tutta la
parte del convento lì dietro invece è del tutto finita.- mi fa notare
lei.
-Allora in che anno siamo? -domando contando nella sua preparazione, di molto superiore alla mia.
-Non saprei con precisione, ma ...
In
quel momento la mia amica si interrompe e si nasconde con me sentendo
uscire le persone dalla chiesa che urlano e inneggiano a qualcuno.
-Evviva sua maestà Elisabetta Cristina! Evviva sua maestà Elisabetta Cristina!
-E'
il 1708! -afferma con sicurezza Marta – l'anno della visita della
futura moglie dell'imperatore Carlo VI di Spagna. Era di passaggio
verso le Isole Borromee sul Lago Maggiore e si è fermata due giorni
proprio qui a Parabiago.
-Caspita una vera VIP! Cosa dici posso
chiederle un autografo? -suggerisco ridacchiando e accennando a
lasciare il nostro nascondiglio per avvicinarmi alla principessa.
-Non
fare lo stupido come al solito e cerchiamo piuttosto di non farci
beccare. Diventerà presto una delle donne più importanti d'Europa e la
sua parola è legge. Se dovessimo farla arrabbiare ... sarebbe la nostra
fine. - mi trattiene lei.
-Senti un po'. Mi sembra che ci sia una
rievocazione di questo episodio della storia e si era parlato anche di
un grande banchetto. Non è che riusciamo a raccimolare ancora qualcosa
da mangiare? Ho una certa fame. - le propongo.
-Ma è possibile che
tu abbia sempre fame? E poi è molto più interessante vedere il suo
abito e quello delle sue damigelle. Non è un incanto?
Guarda che
gonne, che tessuti, che veli che nastri!-s'incanta Marta estasiata alla
vista di Elisabetta Cristina che esce dalla chiesa con fare regale.
-Bleah. Mi sta venendo il vomito! - è la mia secca risposta.
-Voi maschi non capite un fico secco. -mi risponde male lei.
-Ecco
a proposito di fichi – prendo la palla al balzo – mettiamoci addosso
qualche straccio dell'epoca e vediamo che cosa troviamo di buono in
cucina.
-Andiamo in cucina: vai al paragrafo
19- Ci mettiamo a ballare col popolo: vai al paragrafo
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