Ci precipitiamo verso un passaggio sull'Olona in cui l'acqua sembra più bassa.
- Ci bagneremo tutti! - protesto io
- Tanto abbiamo già le scarpe fradice. - mi fa notare lei trascinandomi per la mano.
Il
rombo degli zoccoli sul terreno e la terra che gli animali selvatici
sollevano mentre galoppano sono davvero spaventosi ed allo stesso tempo
rappresentano uno spettacolo naturale sorprendente.
Alcune pietre
affiorano dal pelo dell'acqua e cerchiamo di servircene per guadare il
fiume. Purtroppo scivoliamo su un grosso masso coperto di alghe e
cadiamo in acqua, bagnandoci i vestiti.
Poco prima della riva
scopriamo un punto molto più profondo, dove la corrente crea un
mulinello, che trattiene Marta. Fortunatamente sa stare a galla da
sola, ma la forza del fiume in quel punto le impedisce di venirne
fuori.
- Aiutami Matteo, non startene lì impalato! - mi urla lei.
Senza
pensarci su afferro la prima cosa che mi capita tra le mani e gliela
porgo. La mia amica esce inzuppata e mi getta le braccia al collo.
- Oh che brutto momento ho passato! Meno male che c'eri tu. - mi ringrazia.
Poi
lo sguardo di entrambi cade su quell'oggetto che stringiamo ancora
insieme in mano e che credevamo fosse un legno. In realtà è un lungo e
grosso osso di animale, sembra una costola. Paralizzata per la
sorpresa, lei riesce solamente ad ipotizzare:
- Una grossa costola di mammut! -
Poi
ci sentiamo trascinati di nuovo nello stesso vortice che abbiamo
sperimentato a scuola. In men che non si dica ci ritroviamo in quello
stesso posto, ma ora è diverso: è completamente bianco. Tutto intorno è
ghiacciato e sta nevicando abbondantemente. Anche il fiume è coperto da
una lastra di ghiaccio e l'acqua non scorre più.
- Un altro oggetto straordinario che ci ha portato ancora più indietro nel tempo. - intuisco immediatamente.
-
Purtroppo hai ragione - conferma lei - siamo in pieno periodo glaciale.
Le glaciazioni furono parecchie ed arrivarono anche nella pianura
padana.
La situazione è davvero tragica. Abbiamo i vestiti
completamente bagnati che ci si ghiacciano addosso, bloccandoci come
una fredda gabbia.
- Forse abbiamo scelto la strada sbagliata. -
sono le poche parole che riesco ancora a pronunciare, prima di sentire
il gelido torpore che mi immobilizza.
Guardo gli occhi di Marta.
Lei mi fissa come per scusarsi di avermi proposto di attraversare il
fiume. Ma la rincuoro con una battuta di spirito.
- Speriamo che qualche parabiaghese del futuro ci trovi qui ibernati e intatti nel futuro, così ci potremo risvegliare. -
Poi non sentiamo più nulla: il freddo si impossessa di noi.
- La missione è fallita: ritorna al paragrafo
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