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(C) 2007 Patrizio
Croci
Le viti a Parabiago
Agli inizi
dell’età imperiale di Roma antica (I sec d.C.) la viticoltura era molto estesa e la conseguente
riduzione
di altre coltivazioni (quale quella dei cereali), indusse Domiziano a
vietare la
creazione di nuovi vigneti e ad imporre
di espiantare metà delle vigne esistenti nelle provinciae romane.
Il legionario
romano, durante le conquiste, aveva la consegna di impiantare vigneti e
di
insegnare alle popolazioni indigene la tecnica della vitienologia.
Così, la
coltivazione della vite si diffuse ben presto in tutti i territori
conquistati
da Roma: in Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e nord Africa.
L'importanza che
assumeva la coltivazione era così fondamentale che Virgilio,
nel libro II delle
Georgiche,
dedica alla vite ben 160 versi.
Collibus
an plano melius sit ponere vitem,
quaere prius. si pinguis agros metabere
campi,
densa sere (in denso non segnior ubere
Bacchus);
sin tumulis accliue solum collisque
supinos,
indulge ordinibus
Se in collina o in piano sia meglio
porre la vite, è il tuo primo
problema. Se assegnerai alle viti campi
di una pianura grassa,
piantale fitte: quando la piantagione è
fitta, Bacco non è meno
solerte a produrre. Se hai un terreno
accidentato di rialzi
e colline dal lieve pendio, dà più
spazio ai filari
Georgiche II, 273-277
Nella
gallia cisalpina (l'attuale Pianura Padana) la vite era già coltivata
secondo l'uso delle popolazioni locali, i celti. Essa era fatta
crescere addossata ad alberi in particolare l'acero che formavano
filari che bordavano i campi coltivati. Questa coltivazione era
chiamata dagli antichi romani "Arbustum gallicum".
Nella Pianura
Padana, con la dissoluzione dell’Impero Romano, fu abbandonata la
coltivazione della vite nelle zone pianeggianti e di fondovalle, mentre
vennero
mantenuti i vigneti delle zone collinari e montane sia all’interno dei
borghi
fortificati sia all’esterno, in siti ben collocati climaticamente e ben
esposti
ai raggi solari.
Con il XII secolo, in pianura
si riprese
la coltivazione delle viti in coltura promiscua con i cereali secondo
l’uso
dell’arbustum gallicum; dal XV secolo gli alberi, ai quali erano
maritate le viti, furono sostituiti con il gelso, considerato più
redditizio
per l’allevamento del baco da seta. In seguito l’importanza della vite
crebbe e
raggiunse il suo apice nei secoli XVIII e XIX, quando gran parte
dell’Alto
Milanese era coltivato a cereali e vite.
Con la seconda
metà del XIX secolo,
iniziò il declino della vite in pianura e nei nostri territori a causa
di
malattie devastanti. Oggi la sua coltivazione è limitata ai giardini
urbani e a
qualche filare in campo aperto, presso la frazione di Ravello di
Parabiago.
Nel parco di via
Virgilio a Parabiago,
dove si snoda l’itinerario Virgiliano, nel corso
del 2007 sono stati posti a
dimora alcuni filari di vite, maritati all’orniello e all'olmo. La
distanza fra gli alberi
e fra i filari è quella del cosiddetto arbustum
gallicum, in uso nella Pianura Padana nel periodo dell’antica Roma
e ben descritto
da Columella nel suo trattato di agricoltura De re rustica del
primo
secolo d.C. L’orientamento dei filari inoltre, ricalca quello delle
divisioni
agrarie probabilmente compiute in epoca imperiale, le cui tracce sono
ancora
oggi rilevabili nella cartografia della zona.
All’epoca della dominazione
austriaca e
nei primi anni successivi all’unità d’Italia, quando la vite divenne il
punto forte dell’economia agricola, il vino
prodotto nella zona ed in particolare a Parabiago e Busto Garolfo è
segnalato
in diversi trattati agricoli ed anche nelle opere di vari letterati,
tra cui Carlo Porta.
Scià
on martìn… ...Vorrev
mettegh lì tucc in spallera I
nost scabbi, scialôs e baffiôs: Quell
bel limped e sodo d'Angera, Quell
de Casten brillant e giusôs, Quij
graziôs - de la Santa e d'Osnagh, Quell
magnifegh de Omaa, de Buragh, Quell
de Vaver posaa e sostariziôs, Quell
sinzer e piccant de Casal, Quij
cordial - de Canonega e Oren, Quij
mostôs - nett e s'cett e salaa De
Suigh, de Biassonn, de Casaa, De
Bust piccol, Buscaa, Parabiagh, De
Mombell,de Cassan, Noeuva e Dês, De
Magenta, de Arlun, de Varês, E
olter milla milion - de vin bon, Che
s'el riva a saggiaj, el PATRON, Nol
ne bev mai pu on gott forestee, Fors
el loda, chi sa, el cantinee, E
fors'anca el le ciamma, el ghe ordenna De
inviaghen quaj bonza a Vienna.