Ecomuseo del Paesaggio

 Mappa interattiva della Comunità di Parabiago

Per approfondimenti


e-book:

- Boldorini A. Piccola Venezia, 2007

- Dal Santo (a cura di). Atlante della Biodiversità - Vol 3: Invertebrati, 2005

- AA.VV. Itinerario Virgiliano: itinerario letterario alla scoperta di Parabiago romana, 2007


libri:

- Gianazza E. Profilo storico di Villastanza, 2000


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Mappa: (C) 2007 Patrizio Croci

Il baco da seta e il gelso

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Bombyx mori è una specie di farfalla della famiglia Bombycidae. La sua larva, conosciuta come baco da seta ha una notevole importanza economica in quanto utilizzato nella produzione della seta. La sua dieta consiste esclusivamente di foglie di gelso. È originaria della Cina settentrionale.
Il baco produce, da quattro aperture situate due a due ai lati della bocca, una bava sottilissima che, a contatto con l'aria, si solidifica e che, guidata con movimenti ad otto della testa, si dispone in strati formando un bozzolo di seta grezza, costituito da un singolo filo continuo di seta di lunghezza variabile fra i 300 e i 900 metri. Il baco impiega 3\4 giorni per preparare il bozzolo formato da circa 20\30 strati concentrici costituiti da un unico filo.
I bachi da seta hanno un notevole appetito: mangiano foglie di gelso giorno e notte, senza interruzione, e di conseguenza crescono rapidamente. Il loro pasto è interrotto solo quattro volte, in corrispondenza di altrettante mute; l'avvicinarsi della muta è annunciato dall'inscurirsi della peluria. Le quattro mute suddividono la vita della larva in cinque cosiddette "età". Dopo la quarta muta (ovvero nella quinta età), il corpo del baco diventa giallastro e la "pelle" più tesa; a questo punto, il baco è pronto per avvolgersi nel suo bozzolo di seta (in gergo si dice anche che il baco "sale al bosco", in quanto il bozzolo viene costruito attorno a rametti secchi).
Se la metamorfosi arriva a termine e il bruco si trasforma in falena, l'insetto adulto uscirà dal bozzolo tagliando il filo di seta che lo compone e rendendolo inutilizzabile. Di conseguenza, gli allevatori gettano i bozzoli in acqua bollente per uccidere l'insetto prima che questo avvenga. L'immersione in acqua bollente facilita anche il dipanamento del filo di seta. In alcune culture, lo stesso baco, estratto dal bozzolo, viene mangiato.

Alcuni bozzoli vengono risparmiati per consentire la riproduzione del baco. La falena del baco da seta è incapace di volare. Questa specie di insetto esiste ormai solo come risultato di una selezione esplicita da parte dell'uomo e ha presumibilmente perso gran parte delle sue caratteristiche originarie.

A causa della sua lunga storia e della sua importanza economica, il genoma del baco da seta è stato oggetto di approfonditi studi da parte della scienza moderna.

(tratto da Wikipedia)

L’agricoltura si poteva considerare la principale attività, negli anni fino alla Seconda Guerra Mondiale; ma non bastava a soddisfare i bisogni di una famiglia: occorreva dedicarsi ad altro, per esempio l’allevamento del baco da seta. Una miriade di gelsi – i murooni – crescevano allineati nei campi. Servivano per procurare la legna da bruciare, ma principalmente per produrre la foja, la foglia del gelso, alimento unico ed indispensabile per allevare il baco da seta – i cavaler – . Parliamone un poco per descrivere un quadro che ormai non è più possibile vedere.
Nel mese di aprile, il locale più spazioso dell’abitazione, munito di camino – quello dove di solito si riuniva tutta la famiglia – veniva adibito all’allevamento dei bachi. All’interno si sistemavano le “tavole” (ripiani di circa 3 metri per 1,5): messe una sopra l’altra ad una certa distanza formavano i “castelli”.
La settimana dopo Pasqua, in occasione della Festa del Perdono, i contadini andavano a Corbetta per partecipare alle celebrazioni religiose e intanto ne approfittavano per acquistare i cartoni benedetti che avrebbero sistemato sulle tavole, e la sumenza (la semente), ovvero la dose prevista di bachi da seta appena nati. Si pagavano ad once, unità di peso abituale. Sparsi sulle tavole, i bachi venivano nutriti subito con le foglie di gelso finemente tranciate, delle quali erano molto ghiotti.
Il camino funzionava ininterrottamente per tutto il ciclo produttivo, giorno e notte. La temperatura ambientale doveva essere costante. Ad evitare spifferi, sulle porte di ingresso si fissava una tenda. Immaginatevi cosa provavano coloro che dovevano entrare per accudire ai lavori, in un ambiente caldo, pieno di fumo e saturo di odori. La raccolta delle foglie di gelso si effettuava servendosi della gerla o di un sacco munito di un cerchio di ferro che, appeso ad un ramo, facilitava il riempimento. Per tranciarle si usava un arnese in legno munito di una lama in acciaio, manovrato manualmente. I bachi richiedevano una continua cura e dovevano essere tenuti ben puliti, per evitare facili malattie.
Ogni quattro o cinque giorni, i bachi avevano la “muta”, ossia il cambio della pelle: dopo la quarta muta, il baco era “maturo”. Si sospendeva l’alimentazione e si attrezzavano le tavole creando tante siepi, usando mazzetti di brugo, sulle quali i bachi salivano e incominciavano a formare il bozzolo: l’operazione si chiamava imbuscà i cavaler.
Dopo 15 giorni i bozzoli erano formati. Si portava tutto fuori in cortile e si iniziava la raccolta, fatta a mano, usando ampi cestoni: si diceva catàa giò i galeti (nacque il detto T’è catàa i galeti, cioè “hai trovato i soldi”, che si usava dire quando qualcuno comperava qualcosa di nuovo. Storie di cortile – Comune di Canegrate). I bozzoli venivano venduti ai setifici. Finalmente i componenti della famiglia potevano rientrare in casa, aprire porte e finestre, spegnere il camino e pulire tutto.

(tratto da Piccola Venezia di A. Boldorini)