Bombyx
mori è una specie di farfalla della famiglia
Bombycidae. La sua larva, conosciuta come baco da seta ha una notevole
importanza economica in quanto utilizzato nella produzione della
seta. La sua dieta consiste
esclusivamente di foglie di gelso. È originaria della
Cina settentrionale.
Il
baco produce, da quattro aperture situate due a due ai lati della
bocca, una bava sottilissima che, a contatto con l'aria, si solidifica
e che, guidata con movimenti ad otto della testa, si dispone in strati
formando un bozzolo
di seta grezza, costituito da un singolo filo continuo di seta di
lunghezza variabile fra i 300 e i 900 metri. Il baco impiega 3\4 giorni
per preparare il bozzolo formato da circa 20\30 strati concentrici
costituiti da un unico filo.
I
bachi da seta hanno un notevole appetito: mangiano foglie di gelso
giorno e notte, senza interruzione, e di conseguenza crescono
rapidamente. Il loro pasto è interrotto solo quattro volte, in
corrispondenza di altrettante mute; l'avvicinarsi della muta è annunciato
dall'inscurirsi della peluria. Le quattro mute suddividono la vita
della larva in cinque cosiddette "età". Dopo la quarta muta (ovvero
nella quinta età), il corpo del baco diventa giallastro e la "pelle"
più tesa; a questo punto, il baco è pronto per avvolgersi nel suo
bozzolo di seta (in gergo si dice anche che il baco "sale al bosco", in
quanto il bozzolo viene costruito attorno a rametti secchi).
Se la
metamorfosi
arriva
a termine e il bruco
si
trasforma in falena, l'insetto adulto uscirà
dal bozzolo tagliando il filo di seta che lo compone e rendendolo
inutilizzabile. Di conseguenza, gli allevatori gettano i bozzoli in
acqua bollente per uccidere l'insetto prima che questo avvenga.
L'immersione in acqua bollente facilita anche il dipanamento del filo
di seta. In alcune culture, lo stesso baco, estratto dal bozzolo, viene
mangiato.
Alcuni
bozzoli vengono risparmiati per consentire la riproduzione del baco. La
falena del baco da seta è incapace di volare. Questa specie di insetto
esiste ormai solo come risultato di una selezione esplicita da parte
dell'uomo e ha presumibilmente perso gran parte delle sue
caratteristiche originarie.
A causa della sua lunga
storia e della sua importanza economica, il genoma
del
baco da seta è stato oggetto di approfonditi studi da parte della
scienza moderna.
L’agricoltura
si poteva considerare la principale attività,
negli anni fino alla Seconda Guerra Mondiale; ma non bastava a
soddisfare i
bisogni di una famiglia: occorreva dedicarsi ad altro, per esempio
l’allevamento del baco da seta. Una miriade di gelsi – i murooni
– crescevano allineati nei campi. Servivano per procurare
la legna da bruciare, ma principalmente per produrre la foja,
la foglia del gelso, alimento unico ed indispensabile per
allevare il baco da seta – i cavaler
– . Parliamone un poco per descrivere un quadro che ormai non è più
possibile
vedere.
Nel mese di aprile, il locale più spazioso
dell’abitazione,
munito di camino – quello dove di solito si riuniva tutta la famiglia –
veniva
adibito all’allevamento dei bachi. All’interno si sistemavano le
“tavole”
(ripiani di circa 3 metri per 1,5): messe una sopra l’altra ad una
certa
distanza formavano i “castelli”.
La settimana dopo Pasqua, in occasione della
Festa del
Perdono, i contadini andavano a Corbetta per partecipare alle
celebrazioni
religiose e intanto ne approfittavano per acquistare i cartoni
benedetti che
avrebbero sistemato sulle tavole, e la sumenza
(la semente), ovvero la dose prevista di bachi da seta appena nati. Si
pagavano
ad once, unità di peso abituale. Sparsi sulle tavole, i bachi venivano
nutriti
subito con le foglie di gelso finemente tranciate, delle quali erano
molto
ghiotti.
Il camino funzionava ininterrottamente per
tutto il ciclo
produttivo, giorno e notte. La temperatura ambientale doveva essere
costante.
Ad evitare spifferi, sulle porte di ingresso si fissava una tenda.
Immaginatevi
cosa provavano coloro che dovevano entrare per accudire ai lavori, in
un
ambiente caldo, pieno di fumo e saturo di odori. La raccolta delle
foglie di
gelso si effettuava servendosi della gerla o di un sacco munito di un
cerchio
di ferro che, appeso ad un ramo, facilitava il riempimento. Per
tranciarle si
usava un arnese in legno munito di una lama in acciaio, manovrato
manualmente.
I bachi richiedevano una continua cura e dovevano essere tenuti ben
puliti, per
evitare facili malattie.
Ogni quattro o cinque giorni, i bachi avevano
la “muta”,
ossia il cambio della pelle: dopo la quarta muta, il baco era “maturo”.
Si
sospendeva l’alimentazione e si attrezzavano le tavole creando tante
siepi,
usando mazzetti di brugo, sulle quali i bachi salivano e incominciavano
a
formare il bozzolo: l’operazione si chiamava imbuscà
i cavaler.
Dopo
15 giorni i bozzoli
erano formati. Si portava tutto fuori in cortile e si iniziava la
raccolta,
fatta a mano, usando ampi cestoni: si diceva catàa giò i galeti
(nacque
il detto T’è catàa i galeti, cioè “hai trovato i
soldi”, che si usava
dire quando qualcuno comperava qualcosa di nuovo. Storie di
cortile – Comune
di Canegrate). I bozzoli venivano venduti ai setifici.
Finalmente i
componenti della famiglia potevano rientrare in casa, aprire porte e
finestre,
spegnere il camino e pulire tutto.
(tratto da Piccola Venezia di A.
Boldorini)