Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.)
Ascolta l'audioguida
Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet
nunc
Parthenope; cecini pascua, rura, duces
Mantova mi diede la vita, mi portò via la terra di Calabria
(l’attuale Puglia),
ora è Napoli ad avermi; ho cantato i pascoli, i campi, gli eroi
Nelle righe riportate sopra, che
secondo la tradizione lo stesso Virgilio avrebbe dettato a Brindisi
poco prima di morire, è condensata in pochi tratti essenziali l’intera
vita del grande poeta latino. Accanto alla città di nascita e a Napoli,
la città prediletta che ne conserverà per sempre le spoglie, troviamo
infatti anche un riferimento alle sue tre opere maggiori (nell’ordine
Bucoliche, Georgiche, Eneide), quelle che gli doneranno fama eterna e
che gli varranno il titolo di più grande poeta di Roma e dell’Impero.
A riprova di questa sua fama – a distanza di secoli – un’altra autorevole presentazione del Poeta ci viene offerta da Dante Alighieri all’interno della Divina Commedia, opera composta all’inizio del XIV secolo: Dante infatti sceglie proprio Virgilio come guida attraverso Inferno e Purgatorio, assumendolo come simbolo stesso della Ragione Umana, per la perfezione del suo stile e per gli insegnamenti morali contenuti nella sua opera.
A riprova di questa sua fama – a distanza di secoli – un’altra autorevole presentazione del Poeta ci viene offerta da Dante Alighieri all’interno della Divina Commedia, opera composta all’inizio del XIV secolo: Dante infatti sceglie proprio Virgilio come guida attraverso Inferno e Purgatorio, assumendolo come simbolo stesso della Ragione Umana, per la perfezione del suo stile e per gli insegnamenti morali contenuti nella sua opera.